Fritz Hagl © 2012

FRITZ HAGL Pittore 1928 - 2002

L'OPERA DI UNA VITA

Di Günter Dollhopf


Fritz Hagl negli anni '60
Fritz Hagl negli anni '60.
Gli storici dell’arte dicono che devono passare trent’ anni dalla morte di un artista per poter valutare e collocare la sua opera, di conseguenza sarebbe prematuro dare un apprezzamento dell’ "Opera di una vita" di Fritz Hagl, deceduto nel gennaio del 2002.

Il fatto di non essere uno storico dell’arte mi dà la possibilità di scrivere di lui e di rivelare il valore dei suoi quadri. Pittore io stesso, ho avuto la fortuna di poter seguire per molti anni il lavoro di Hagl in uno spirito di amicizia a volte critico, altre volte incoraggiante ed ammirato.

Fin dal 1970 andavo a trovarlo ogni anno nel suo studio all’ isola d’ Elba dove potevo seguire almeno in parte il processo di realizzazione dei suoi dipinti, pertanto nelle mie considerazioni ho trattato in misura minore dei rapporti di ordine storico-stilistico, preferendo mettere in primo piano i percorsi della sua immaginazione creativa.

Poiché agli artisti è concesso avvalersi del privilegio dell’egocentrismo, mi permetto, in quanto tale, di dare di lui un giudizio soggettivo suggerito dal mio proprio pensare e procedere creativo.

Solo un rapporto personale consente di avvicinarsi alla pittura di Hagl poiché, coerente con i suoi principi, egli si è negato per tutta la vita ad un confronto oggettivo: in effetti, ad eccezione di una piccola mostra nel suo ultimo anno di vita, non ha mai esposto in modo esauriente le proprie opere. Si sottrasse sempre al mercato dell’arte per convincimento e necessità interiori, nella consapevolezza che la pittura è insieme compito e creazione di vita, raccogliendo in tal modo il monito di Dürrenmatt che, nel discorso pronunciato in occasione del premio letterario conferitogli a Berna nel 1979, dichiarava : “Chi non si sottrae per tempo ai vaniloqui accademici, non trova più spazio per lavorare e di conseguenza non trova più sé stesso. Raggiungere questo fine, invece di perseguire le varie mode letterarie, dovrebbe essere per l’ artista il solo traguardo di ogni suo impegno. Solo colui che ha raggiunto sé stesso potrà realizzare quanto gli è stato riservato: superare il mondo, dargli un significato attraverso di sé.”

Il punto di forza della personalità di Hagl va cercato nel suo affidarsi interamente alla forza intrinseca ai suoi dipinti e non mirare alla loro ”messinscena”. Con questa disposizione di spirito si era esiliato dal mondo di spietata auto-rappresentazione degli ultimi decenni.

Questo comportamento, per lui ovvio, ci ha consegnato un’opera di coerenza e compiutezza impressionanti, il cui magico contenuto richiama un altro più profondo livello esistenziale: "dipingo per Dio" mi disse una volta Hagl, quando, verso la metà degli anni 70, gli chiesi la ragione del suo rifiutarsi al "pubblico".

Solo oggi, che le turbolenze socio- politiche di quegli anni si sono attenuate, possiamo capire il significato di questa sorprendente risposta.

L’ OPERA DEL PRIMO PERIODO 1958-1974

La prima cosa di Hagl che vidi fu un quadro del 1958: il ritratto di un uomo con berretto e sciarpa verde, giacca blu scuro, la figura leggermente inclinata in avanti, lo sguardo diretto verso di noi, in cui le ombre scure e gli effetti di luce conducono in diagonale verso il basso sulle mani incrociate una sull’ altra. Il ritratto sembra d’ obbligo all’ inizio di ogni percorso artistico: anch’io a suo tempo mi ero affannato senza successo in tale impresa e, forse a causa della mia frustrazione, mi sfuggirono le qualità pittoriche di quest’ opera di Hagl e la particolare espressione nel volto dell’ uomo raffigurato (Abb. 1).

Fritz Hagl, S.T. 1964, Penna e inchiostro, cm: 40 x 30
Fritz Hagl, S.T. 1964, Penna e inchiostro, cm: 40 x 30 (Abb. 2).
I disegni di questo periodo, realizzati a penna, matita o pastelli suscitano un’ impressione di forza e di salda volontà. Ispirati dalla natura dell’isola, ci restituiscono la macchia, le rocce, le case. Trasmettono qualcosa di particolare insito nella personalità forte di quest’uomo: il tentativo di compenetrare e assimilare la natura adeguandola ad un canone estetico, sintesi che Hagl credeva di scoprire nelle sue forme visibili. Non sono studi della natura tesi ad una sua riproduzione, ma processi creativi in senso metaforico. Comunicano chiaramente il confronto tra la visione e la vista dell’oggetto, la dualità tra la rappresentazione personale e la forma naturale (Abb. 2).

All’Elba, fra il 1960 e il 1963, Hagl si era costruito la casa; pur disegnando talvolta all’ aperto davanti alla natura, solo dopo aver realizzato il suo studio, poté avventurarsi in progetti pittorici di ampio respiro.

I paesaggi a tempera realizzati in studio dal 1965 al 1970 sembravano già più astratti, più lontani dalla realtà rispetto ai disegni realizzati all’ aperto. In questi ”paesaggi ideali” si scopre la raffigurazione di immagini mitiche, espresse mediante una singolare trasformazione della natura e nell’ apparizione di strane figure stilizzate che popolano formazioni rocciose irrealmente disposte.

In occasione di una mia visita nel suo studio in quegli anni precoci, una insistita “tonalità da galleria” sul rosso bruno, mi indusse ad un commento superficiale: “accademico” fu a quell’ epoca il giudizio di uno pseudo rivoluzionario immaturo, che da poco aveva accettato una cattedra all’Accademia di Belle Arti e in questa veste pretendeva paradossalmente di dipingere contro l’ accademismo.

GLI ANNI INTERMEDI 1975 – 1988

Fritz Hagl: S.T. 1976, Tempera su tela / cartone pressato, cm: 61 x 36,5 (Abb. 4)
Fritz Hagl: S.T. 1976, Tempera su tela /
cartone pressato, cm: 61 x 36,5 (Abb. 4).
Dopo il 1975 avviene nei quadri di Hagl un cambiamento determinante. Il nostro incontro nell’ estate del 1976 è vivo oggi come allora per me, e altrettanto presente la mia sensazione di meraviglia, gioia ed eccitazione.

Oltre ad alcuni quadri di formato medio appesi alle pareti dello studio, c’è sul cavalletto un piccolo quadro che rappresenta mare cielo e rocce. E’ di quella maestria tecnica e pittorica che si realizzerà d’ora innanzi costantemente nei quadri di Hagl.

Tutto ciò che era schematico, rigido, immaturo è sparito per lasciare il posto ad una naturalezza figurativa, una concezione ampliata della forma, una consapevole trasfigurazione della realtà, che, unite ad una cromaticità schietta e chiara, conferiscono a questi nuovi dipinti uno splendore intenso e una sicura vitalità artistica.

Altrettanto impegnativa e convincente è per Hagl la scoperta di un particolare frazionamento dello spazio.

Egli ora fa precedere il paesaggio di mare e monti, raffinatamente dipinti, da formazioni -quasi delle quinte- di rocce, da animali e da esseri umani. Queste trame rocciose, simili a clave, disposte su due o tre livelli, sono collegate l’una all’ altra così strettamente che si possono leggere come intrecci spaziali chiusi. Dentro e fra loro si aprono rotondeggianti cavità, ed aperture ovali o quadrate che, a guisa di varchi, lasciano intravedere retrostanti formazioni paesaggistiche.

Tutto questo si realizza figurativamente in modo tale da ottenere un rovesciamento della percezione dello spazio quale a noi consueto: per effetto delle ombreggiature, la quinta anteriore retrocede otticamente e le forme più chiare situate sullo sfondo si proiettano in primo piano. Ambedue i “livelli” vengono cosi’ ad allinearsi.

Hagl riesce in tal modo a unire parti prospetticamente non coerenti e a creare una loro compresenza malgrado la diversità delle distanze, la simultaneità del non simultaneo.

Viene a crearsi, mediante tale presenza senza soluzione di continuità, un’ aura meditativa che trasmette all’osservatore partecipe la percezione dell’ atemporalità.

Questi quadri di Hagl sono di una bellezza onirica: trasfigurano le forme della realtà visibile conducendoci in un mondo visionario.

Forse il loro segreto è da cercarsi nella trasposizione spazio-temporale descritta in precedenza.

Come la storia dell’ arte dimostra, sia l’ avvicinamento di oggetti posti in uno spazio lontano rispetto al piano del quadro, sia la creazione di forme in negativo sono già state introdotte da altri artisti.

Per esempio, in un quadro di Paul Cezanne, una casa, situata in realtà molto indietro immersa nel fogliame, sembra invece in primo piano. In certi dipinti di Max Ernst, attraverso i rami degli alberi, il celeste del cielo traspare come una apertura cuneiforme creata ad arte: forme rotonde ed ovali si spingono in primo piano come nicchie fra cespugli e frasche.

In Fritz Hagl, invece, le forme in negativo sono “quadri nel quadro”, totalmente autonome in relazione al soggetto. L’ aderenza con la natura dell’ Elba le rende del tutto singolari. Questi "concetti" saranno d’ora in poi sorprese ricorrenti in ogni suo nuovo dipinto.

Nonostante la sua peculiare tendenza a ponderare lungamente la composizione del quadro, il suo processo creativo si mantiene sempre vivo, perché, tramite l’ osservazione della natura che, con l’ andare del tempo, si fa sempre più intensa, Hagl giunge alle forme organiche.

Un’altra caratteristica della sua tecnica compositiva è “la continuità delle linee”, il collegamento dei profili che attraversa l’ intero quadro: esseri umani ed oggetti non stanno isolati in un riquadro, ma si intrecciano fra loro come in un grande ornato.

Hagl scoprì questo metodo di raffigurazione alla fine degli anni settanta, studiando gli antichi maestri. Nelle opere dei suoi ultimi anni, questo sarà il criterio artistico dominante.

"Come si inseguono le linee!" mi disse una volta, davanti ad un affresco di Benozzo Gozzoli a Firenze, e tracciò nell’aria le linee di congiunzione fra teste, abiti, cavalli, case e piante.

7) Fritz Hagl in una conversazione con Guenter Dollhopf all Elba, 1989

L’OPERA TARDA 1989-2001

Se fin qui troviamo ancora, inseriti nel quadro, figure umane o animali, dal 1989 in poi questi elementi lasciano la scena e cresce l’ intreccio di formazioni rocciose ed elementi vegetali che invade sempre più lo spazio.

Dal punto di vista della tecnica pittorica Hagl ricorre con grandissima perizia ai mezzi più svariati: in una piccola officina adiacente alla casa prepara le sue tavole. Ricopre lastre di compensato con tela o tessuti di cotone e vi passa più strati di un fondo semigessoso prodotto da lui stesso. Nel suo studio poi stende su questa base un primo strato grezzo di colore. A una verniciatura intermedia di resina-dammar e trementina sovrappone delle velature di tempera all’uovo per modellare le immagini . All’occasione adopera anche trame vegetali e felci, attraverso le cui strutture spruzza sulla superficie del quadro inchiostri di china colorati o tempera all’uovo diluita. Ottiene così delle strutture grafiche stratificate e può ombreggiare e animare nei dettagli forme inizialmente disposte su un unico piano. Dopo altre sovrapposizioni di strati intermedi trasparenti passa la vernice finale anche come protezione contro l’aria umida e salmastra dell’isola.

I pigmenti provengono da un vecchio tecnico del colore di Monaco di Baviera, ma anche dalle colline di limoniti e di altri minerali dell’ Elba. Io stesso ho scavato spesso con Hagl ocra, terra di Siena, o carminio che poi bruciavamo per ottenere un rosso più cupo o un viola.

Questa tecnica di pittura alla maniera degli antichi maestri, lunga e laboriosa, è una componente essenziale della filosofia di vita di Hagl che realizza i suoi quadri come “un giardiniere crea il suo giardino”, dalla cura minuziosa della terra fino al raccolto.

Nel 1989 troviamo un piccolo quadro con mare cielo e sagome di pietra, nel quale la “griglia” è ancora ordinata su piani spaziali profondi, ma, poco tempo dopo, la superficie del quadro prolifica e compaiono pareti rocciose traforate e strutturate come filigrana che racchiudono la profondità del quadro. (Ill.9) Sono reminiscenze di rocce della spiaggia di Nisporto, ma suggeriscono anche immagini di foto aeree riprese ad alta quota.

Il singolo quadro non basta più a Hagl. Dipinge trittici, serie di quattro e anche di sei piccoli quadri. Una serie di quattro quadri nelle tonalità rosse si limita ormai al solo primo piano. Ogni illusione di spazio, in senso di profondità, è sbarrata: le impalcature di pietra si ergono davanti a noi come dipinte su tavole o come sipari.

Queste strutture di spazi piccoli presentano aspetti molto differenziati mostrando in cellule, pur ridotte, tutta la ricchezza dell’ arte di Hagl. Micro e macrocosmo debbono ricongiungersi. Il dettaglio emana la stessa intensità della composizione compiuta. Vedo ancora Hagl intagliare nel passe-partout di cartone finestrelle di varie dimensioni attraverso le quali esaminare i suoi dipinti nei loro particolari.

Nel suo ultimo quadro, rimasto incompiuto, Hagl torna a spazi più grandi e profondi, come a voler eliminare le pareti che ostruiscono l’orizzonte. Cielo, mare e costa compaiono di nuovo in forma di grandi spazi; le rocce sono già dipinte nella forma definitiva, le distese azzurre di cielo e mare soltanto accennate nella struttura e nei colori.

L’ ulteriore cammino rimane senza risposta.